ale3006

martedì, agosto 22, 2006

La leggenda della Cantoniera del Diavolo

Nei dintorni di S'Ena Frisca, ormai alle porte della città, verso Enas, c'è una località chiamata Molìmentu. E' un toponimo che deriva dall'esistenza nel sito di un qualche monumento litico: tomba di gigante o altro monolito che la violenza delle chiudende ed altri eventi hanno demolito per recintare tancas, per cui ai nostri giorni resta soltanto il toponimo che ci ricorda la presenza di un qualche edificio antico.

Chissà per quali misteriose ragioni, come si è visto negli altri racconti, nelle remote costruzioni, dicono ancora i nostri vecchi, sì erano insediati spiriti, a volte buoni, a volte malvagi, pronti a restituire dispetti quando gli umani andava no a molestarli.
Ascoltando le leggende sui nuraghi si sente dire che ognuno avesse i suoi guardiani dei tesori e delle tombe che attraverso il tempo gli uomini vi deponevano.
Per gli spiriti che custodirono per decine di secoli il dolmen di Molimentu, con la demolizione era venuta meno la dimora abituale e per altro lungo tempo avranno vagato per le pietraie di Zucchitta in attesa che un evento nuovo consentisse loro di rientrare nel sito abituale.
Questa occasione si verificò con la costruzione della ferrovia Terranova-Chilivani attorno all 1880, quando, ultimata la strada ferrata, furono costruite anche le case cantoniere. Non v'è dubbio che quegli spiriti spodestati con la violenza dalle colline, vigilassero, se mai qualche dimora nuova venisse eretta nei pressi del loro vecchio tempio, pronti a rientrare ed a prenderne possesso. Ecco che un ingegnere, ignaro di tutti gli eventi narrati, progettò che una cantoni era fosse costruita proprio a Molimentu. Ci vien da pensare che appena i muri superarono il livello del terreno, gli spiriti spodestati, siano accorsi ad occupare la nuova dimora forse convinti che qualcuno si fosse ricordato di loro. Ad opera finita essi erano già a casa, lieti, finalmente, d'aver ritrovato albergo dopo tanto tempo di disagevole vagabondaggio. Ma la cantoniera era destinata dagli uomini ad altri uomini per un servizio nuovo e vi fu assegnato un giovane lavoratore, chiamato Basilio, già ammogliato. Sistemate le povere suppellettili che componevano l'arredo di allora per una cantoni era, Basilio e la consorte erano soddisfatti di aver una palazzina tutta per loro nella quiete del la campagna, il cui silenzio profondo veniva rotto dallo sbuffare delle vapori ere che davano ai siti un nuovo senso di vita. Ahimè! Quella buona sorte che li aveva favoriti non durò a lungo. La prima notte udirono alcuni rumori confusi: sembrava che dai dossi, a monte della cantoniera, rotolasse qualcosa di indefinito. Erano forse i diavoli che trasferivano le loro masserizie? Basilio e la moglie non potevano saperlo, perché ignoravano l'esistenza di un' antica abitazione in quel sito.
Seconda notte altro pandemonio più distinto e più vicino. Non si dorme. E un continuo susseguirsi di boati che non danno tregua ai due malcapitati sposi. Le notti si alternano
sempre dense di terrore e le sorprese sono destinate a crescere. Bisognava pur sapere chi era che tambureggiava così violentemente nei dintorni prima, e, dentro la casa dopo.
Basilio osò affacciarsi ad un finestrino per gridare, per lamentarsi o implorare un po' di silenzio, ma quale non fu la sua meraviglia o meglio lo stupore, nel vedere una schiera di fantasmi che ballava facendo rimbalzare strani recipienti che gli parvero tronchi d'albero.
Non occorrevano altri avvertimenti per sloggiare. Basilio l'indomani informò i superiori nella stazione di Terranova che sarebbe andato via: quella era la cantoniera dei diavoli. Non vi fu modo di convincerlo a restare. Preferiva perdere il posto, ma vivere con la giovane moglie senza incubi. Se ne andò. L'arriministrazione doveva però coprire il posto e destinò un altro cantoniere venuto dall'interno dell'isola.
Anche questi non si fermò più di una settimana. Fuggì come il diavolo dall' acqua benedetta.
Vi fu qualche altro tentativo di popolare la casa, ma ormai la notizia era dì dominio comune e nessuno più vi volle abitare, tant'è che col passare del tempo, la cantoniera del diavolo, i terranovesi la chiamarono "sa contonera bòida", la cantoniera vuota, e tale rimase per sempre.
Non è improbabile, dicono i narratori che nel sito oltre al sepolcro di chissà quanti uomini nuragici, vi fossero anche grossi tesori da custodire, perché gli spiriti altrimenti sarebbero rimasti lontani per sempre.